L'organo della Chiesa del Gesù a Rivarolo C.se (To)

di Adriano Giacometto

Chiusa da decenni, la Chiesa della Confraternita del SS. Nome di Gesù è stata oggetto in questi ultimi anni di una progressiva azione di recupero che, nel caso specifico, ha portato alla riscoperta del suo prezioso organo.
Anche se il tempo e l'incuria degli uomini non ci hanno lasciato che poche canne, la struttura dello strumento è di tale rilievo da meritare un intelligente e ausicabile lavoro di ripristino.

La costruzione dell'organo è attribuibile quasi certamente alla mano dell'organaro GIOVANNI BRUNA; la particolarità e l'unicità di questo strumento risiede nell'inconsueta presenza di elementi tipici delle maggiori scuole organarie europee (spagnola, francese, tedesca) sapientemente amalgamati dall'arte del BRUNA e innestati sul modello base dell'organo settecentesco piemontese.
Ciò che a prima vista distingue lo strumento rivarolese è la presenza in facciata di un intero registro ad ancia (41 canne) disposto orizzontalmente, secondo i canoni dell'organaria iberica, da bathalla.
Allo stato attuale degli studi è tra i più antichi esempi sul territorio nazionale di ancia orizzontale in facciata collocata da un organaro italiano.

Occorre, a questo punto, aprire una breve parentesi per meglio focalizzare le vicende storiche e svelare la curiosa presenza di stilemi tipici all'organaria iberica in pieno Canavese. Tra il 1762 e il 1763 un frate di Lisbona di nome FRANCISCO colloca - su commissione del cardinale Carlo Amedeo delle Lanze - un monumentale organo per la Chiesa abbaziale di Fruttuaria a San Benigno C.se. L'artigiano lusitano, interpretando i fastosi desideri del cardinale, realizza uno strumento di dimensioni davvero importanti e le sole spese dei materiali (dai documenti l'organaro non viene retribuito) supereranno le quattromilacinquecento lire. Occorre ricordare che i soli lavori di scultura e doratura della cassa costeranno ben settecento lire; un organo di medie dimensioni costava all'epoca in Piemonte non più di mille lire!
Tuttavia, fin dall'inizio, forse proprio a causa delle sue dimensioni, della complessità delle meccaniche e delle inconsuete proprietà foniche, lo strumento non funziona a dovere. Prontamente il cardinale delle Lanze convoca di volta in volta numerosi organari: prima i CONCONE di Torino poi i fratelli CALLIGARIS di Foligno, fino a giungere ad ANDREA LUIGI SERASSI di Bergamo. La storia, questa volta, non ha un lieto fine; lo strumento inutilmente riparato e rappezzato a più riprese verrà completamente ricostruito dai SERASSI all'inizio del XIX secolo.
L'organo della Abbazia di Fruttuaria era la sintesi dei grandi strumenti iberici della metà del XVIII secolo: casse monumentali, poderosi registri ad ancia orizzontali in facciata, due tastiere, ampia tavolozza di registri ad ancia, tastiere divise tra bassi e soprani ... . Queste interessanti novità per l'organaria italiana passeranno - purtroppo - in gran parte inosservate ai numerosi artigiani che, a vario titolo, si alterneranno nelle numerose riparazioni all'organo di San Benigno.
Solo un giovane lavorante dei biellesi RAMASCO rimarrà colpito dalla sonorità e dalle particolari possibilità foniche, saprà abilmente filtrarle e innestarle sul consolidato modello settecentesco superando l'esasperato tradizionalismo tipico degli organari coevi.

Sulle vicende costruttive dell'organo rivarolese poco si conosce: nel 1780 in occasione della traslazione a Rivarolo delle spoglie di San Vittore viene edificato il complesso cassa-cantoria-bussola-confessionali laterali ad opera del minusiere Agostino Badarello e dello scultore Rampone di Feletto. Il disegno dell'intero complesso è pregevole opera dell'architetto luganese Pietro Bonvicini (1741-1796) - allievo del Vittone - eseguito nel 1774. Molto interessante è la conformazione della cassa "a torri laterali" e a profilo concavo-convesso, assai raro in Italia, tipico dei paesi transalpini. Un esempio analogo lo ritroviamo nelle Istruzioni diverse concernenti l'Officio dell'Architetto Civile di Bernardo Antonio Vittone edito nel 1766.
Notevoli ed evidenti sono le analogie, possiamo quindi ritenere il complesso rivarolese la più fedele realizzazione dell'idea vittoniana.
La costruzione dell'organo, come si evince dall'analisi della struttura, non è coeva all'erezione della cassa. Nessun documento conservato menziona la data di costruzione e il nome dell'organaro, ma l'accurato studio di ciò che rimane porta con estrema sicurezza al BRUNA e permette di datare l'opera verso il 1785.
Contrariamente a quanto succede di norma, l'organaro si trova costretto a costruire uno strumento da inserire in un vano e in una struttura predefinita, di dimensioni - peraltro - limitate in profondità.
Il risultato sarà un quadro fonico assolutamente unico: appena dodici registri ma, qui sta la particolarità, ben otto "da concerto". Troviamo quindi contrapposti a una limitata piramide di Ripieno (quattro registri corrispondenti a cinque file) tre registri ad ancia, Trombe dritte in facciata, Fagotti di 4' nei bassi, Violoncello di 16' nei soprani; in ossequio alla tradizione organaria dei paesi del Nord abbiamo la Sesquialtera e il Cornetto, mentre l'organaria francese è rappresentata dal Flagioletto, qui curiosamente chiamato Frigioletto, denominazione questa - và detto - tipica del Bruna della metà degli anni '80. Completano il quadro due registri dell'organaria classica italiana come la Voce Umana e il Flauto in ottava.
Ciò che stupisce è il piano fonico estremamente vario, addirittura "ricco" se pensiamo che tutto l'organo prevede solo 579 canne!

Il somiere a tiro conservato denota accuratezza e precisione realizzativa, ottima scelta di materiali adeguatamente stagionati, mentre alcune piccole modifiche in corso d'opera (spostamento divisione bassi/soprani) farebbero supporre a precise richieste della committenza.
Lo strumento funzionerà senza particolari problemi se senza salienti alterazioni per oltre un secolo, praticamente fino alla chiusura della Confraternita. A questo punto, come in molti altri casi, è l'or-gano ad avere la peggio: qualche mano ignota asporta tutte le canne ad eccezione di alcune tube in latta, lasciando inalterato l'intero complesso.
Prassi abbastanza comune - in epoca di autarchia e di seconda Guerra Mondiale - lo "spoglio" di canne in chiese poco officiate, facile preda di "stagnini" alla continua ricerca di preziosi materiali quali stagno e piombo.
Nonostante la mancanza di tutte le canne lo strumento è recuperabile, il crivello è intatto ed esistono ancora alcuni organi Bruna coevi in ottime condizioni di autenticità per i necessari rilievi dimensionali. Mentre custoditi intatti, oltre al citato somiere, ritroviamo: la tastiera, la pedaliera e il relativo somiere, i comandi di registrazione con tanto di cartellini dalla originale grafica bicolore.

SCHEDA DESCRITTIVA SINTETICA

  • Località ed edificio. Rivarolo C.se (TO), Chiesa Confraternita del SS. Nome di Gesù
  • Autore e data. Organo attribuibile a Giovanni Bruna, costruito verso il 1785.
  • Ubicazione. Collocato in cantoria lignea sulla bussola di ingresso.
  • Cassa e cantoria. Contenuto entro elegante cassa lignea, prospetto a tre campate nella configurazione a “torri laterali”. Il disegno dell’intero complesso è opera di Pietro Bonvicini nel 1774, la costruzione è opera di Agostino Badarello con sculture del Rampone.
  • Prospetto e facciata. A tre campate, formato da 49 canne (9-31-9), canna maggiore, a sinistra, Fa1 di 6’ del Principale 8’ (muta). In facciata, orizzontale, 41 canne del registro Trombe dritte. Profilo concavo-convesso, rispettivamente per corpo centrale e torri laterali.
  • Tastiera. Consolle a finestra formata da una tastiera di 50 tasti (Do1/Fa5, ottava corta), tasti diatonici ricoperti in bosso tinto nero, cromatici ricoperti in osso. Modiglioni laterali sagomati.
  • Pedaliera. A leggìo di 13+1 tasti, rispettivamente: 8 tasti (Do1/Si1, ottava corta), 4 tasti (Do#2, Re#2, Fa#2, Sol#2), 1 tasto accessorio. È costantemente unita alla tastiera.
  • Registri. Azionati da manette in legno sagomate a spostamento laterale senza incastro, disposte su una colonna a destra della consolle. Cartellini originali manoscritti a inchiostro rosso (i capolettera) e nero.
  • Divisione tra bassi e soprani: Do#3/Re3.
  • Disposizione fonica:
    (1) [senza cartellino] TROMBE DRITTE in facciata (Do1/Do5)
    (2) PRINCIPALE
    (3) FAGOTTI 4’ nei bassi
    (4) VIOLONCELLO 16’ nei soprani
    (5) OTTAVA
    (6) R° XV
    (7) R° XIX
    R° XXII
    (8) FRIGIOLETTO 2’
    (9) SESQUIALTERA in XXIV
    (10) CORNETTO I in XII (da Fa#3)
    CORNETTO II in XVII (da Fa#3)
    (11) VOCE UMANA da Fa#3
    (12) FLAUTO in VIII
    costantemente inserito:
    (13) CONTRABASSI 8’
  • Manticeria. Attualmente risulta del tutto mancante, in origine prevedeva almeno due mantici a cuneo.
  • Trasmissione. Meccanica sospesa classica con tiranti e catenacci in ferro forgiato per somiere maestro; trasmissione somiere di basseria a rulli in legno.
  • Somieri. Maestro “a tiro” in legno di noce, provvisto di 12 stecche e 50 canali. Somiere di basseria a 12 canali.
  • Crivello. Interamente in legno di pioppo, telaio e coperta.
  • Estremi redazionali. Scheda frutto di un sopralluogo effettuato in data 30 luglio 1997 da Adriano Giacometto e da Silvio Sorrentino.
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