I Serassi in Canavese

di Adriano Giacometto e Pier Maria Soglian

La più importante presenza serassiana in terra piemontese è individuabile in una zona corrispondente grosso modo ad un cerchio del diametro di poco più di una quarantina di chilometri comprendente un territorio che si sviluppa parte nel Canavese orientale e parte nel vercellese occidentale. Un angolo di Piemonte corrispondente storicamente alla Diocesi di Ivrea e alla parte occidentale dell’Arcidiocesi di Vercelli, suddiviso dalle attuali provincie di Torino, Vercelli e Biella.

Lo studio abbraccia l’intero arco della produzione serassiana tra gli ultimi decenni del ‘700 fino agli anni ’60 del secolo successivo, in base al numero di opere ricavabili dai Cataloghi verificando i dati attraverso

- il riscontro con i dati del Carteggio e delle Lettere sugli organi
- da documentazione locale edita ed inedita
- l’analisi approfondita degli organi conservati

La zona di indagine risulta già alla fine del ‘700 dotata di almeno otto lavori dei Serassi, un numero rilevante se raffrontato agli strumenti collocati dagli organari bergamaschi nella restante parte del Piemonte storico.

s.d. Crescentino, S.Francesco
1775 San Germano V.se
1778 Brusasco
1783 San Benigno C.se, Abbazia di Fruttuaria (a due tastiere)
1786 Crescentino, B.V. Assunta
1787 Tavagnasco (a due tastiere)
1790 Ivrea, Cattedrale (a due tastiere)
1791 Livorno Ferraris

Né bisogna dimenticare, che a una manciata di chilometri dai confini delle presente trattazione, nello stesso periodo ritroviamo altre collocazioni serassiane

1785 Balzola
1793 Trino, S.Domenico
1797 Asigliano

A parte il particolare pregio e grandiosità di strumenti come quelli di Tavagnasco, Ivrea e San Benigno (Fruttuaria), quest’ultimo appare dal Carteggio, confermato come opera rilevante anche perché favorì il confronto di modelli costruttivi e per di più cronologicamente risalente, data la presenza nel Carteggio di un Sonetto celebrativo che sposta la data di costruzione sinora attribuita al 1801, all’anno 1783. Quest’opera di Andrea e Giuseppe, avrebbe infuenzato in maniera determinante le scelte per la costruzione degli organi di Tavagnasco (1787) e della Cattedrale di Ivrea (1790), dove la preferenza ai Serassi sarebbe durata per oltre quarant’anni, ispirata dall’influente figura di Gaudenzio De Regibus, titolare della Cappella dal 1779 al 1816 anno della sua morte. Il De Regibus, riscoperto da Acotto nella documentazione d’archivio del Duomo di Ivrea, è profondo conoscitore dell’organaria piemontese dei Ramasco e dei Concone e, verso la metà degli anni ’80 aderisce in pieno al mutato gusto organistico patrocinando con convinzione le opere del piemontese Giovanni Bruna (Chiaverano 1793-96, Alice Castello 1803) e dei lombardi Serassi (Ivrea 1790, Strambino 1812, Viverone 1818).

La parte più significativa della produzione Bruna si conclude tuttavia con la scomparsa di Giovanni all’inizio degli anni ’20, e proprio negli anni ’20 si assiste al maggior sviluppo della produzione serassiana, patrocinata ora da un allievo del De Regibus, Felice Boratti e dall’organista Giuseppe Megnet, due figure finora poco conosciute, ma che trovano risalto nel confronto tra il Carteggio e la documentazione locale. Mentre del De Regibus non c’è traccia nel Carteggio, l’essere stato maestro del Boratti spiega i successivi documenti che a costui si riferiscono; in più, dal Carteggio emerge che il Boratti s’interessò alle proposte innovative di Giovanni Simone Mayr e di Carlo Gervasoni, figure ambedue decisive per la carriera dei Serassi. I risultati delle recenti ricerche permettono inoltre di focalizzare la figura di Giuseppe Megnet, già titolare del Serassi di Fruttuaria, l’organista più rappresetativo operante nel basso Canavese nella prima metà dell’Ottocento: figura di grande carisma che da un lato non esita a correggere di proprio pugno il progetto serassiano per l’organo di Caluso ritenendolo insufficiente, dall’altro giudica come “opera perfetta” il monumentale strumento felettese.

Passando in rassegna la Cronologia non può non stupire la quantità di collocazioni (14 lavori dal 1818 al 1834) alcune delle quali erano e sono al vertice della produzione serassiana. A iniziare dalla travagliata vicenda di Viverone 1818, ai ben tre strumenti nel solo anno 1821: Cavaglià, CalusoAzeglio. È proprio ad Azeglio che i Serassi stringono amicizia con un giovane organista, Felice Boratti, che per lungo tempo sarà tra i più convinti sostenitori del modello serassiano. Mentre sarà sull’organo di Caluso che il Megnet - all’epoca organista sul Serassi 1783 di Fruttuaria - darà ampia dimostrazione alle amministrazioni di Feletto gettando le basi per la realizzazione di uno strumento (1825) più volte definito sontuoso, capolavoro insuperato dei Serassi in terra piemontese (2 tastiere, 60 registri, più di 2400 canne). Il 1828 è la volta di Borgomasino, poi Settimo Rottaro 1830, nel 1833 ancora una realizzazione di rilievo a Cigliano, nel 1834 a Caravino e tre lavori di ampliamento/restauro su loro strumenti a Viverone, Strambino e Ivrea/Cattedrale.

La coincidenza di troppe commissioni, che i Serassi pur sapevano affrontare con una articolata divisione del lavoro, creò però difficoltà di rapporti e contestazioni con la committenza: saranno proprio i tanti organisti loro patrocinatori, Carlo Prola in primis - successore del De Regibus alla Cattedrale a Ivrea - complice una vicenda poco chiara di pagamenti per l’organo di Feletto e un preventivo per la Cattedrale di Ivrea forse un po’ gonfiato, a voltare repentinamente le spalle ai Serassi scegliendo un concorrente, anch’esso bergamasco, Felice Bossi, destinato tra il 1834 e il 1835 a collocare nei dintorni di Ivrea ben tre strumenti, Traversella 1834, Albiano 1834 e il grande organo di Piverone 1835 (2 tastiere, 55 registri), paese natale di Felice Boratti. Negli anni successivi, mentre i Serassi procedono l’espansione verso Torino, quello del Bossi sarà qui un autentico monopolio culminato nel 1843 con la costruzione dell’organo del Duomo di Chivasso (2 tastiere, 76 registri, oltre 3000 canne) su progetto di Felice Boratti e, in seguito col trasferimento dei laboratori a Torino nel 1850.

I Serassi torneranno in area vercellese solo nel 1861 per la collocazione dell’organo della Collegiata di Santhià e in Canavese nel 1864 - dopo esattamente trent’anni di assenza - per il restauro e l’ampliamento di una loro importante opera nella parrocchiale di Strambino e per la collocazione negli anni successiovi di due strumenti sempre a Strambino: nella chiesa di S.Marta e nella parrocchiale della frazione Crotte, collaudati rispettivamente da Bernardo Barasa - successore del Prola alla Cattedrale di Ivrea - e dal monregalese Giulio Magliano, organista a Strambino. Dopo l’ampliamento, l’organo della parrocchiale strambinese (2 tastiere, 59 registri, più di 2800 canne) risulta il più grande strumento serassiano collocato entro i confini del Piemonte storico.

La fine degli anni ’60 è un periodo di grossa difficoltà per i Serassi, anche se la spinta propulsiva si era già affievolita da tempo. Nel 1863 per il grande organo di Livorno Ferraris, padre Davide da Bergamo, collaudatore illustre e promotore dei Serassi, preferisce i torinesi Collino, mentre uno dei collaboratori dei Serassi più dotati, Camillo Giglielmo Bianchi, miete in Piemonte unanimi consensi, ne sono riprova due interessanti sue collocazioni all’interno del territorio oggetto del presente studio: l’organo di Moncrivello nel 1861 e il grande strumento di Romano C.se (2 tastiere, 60 registri, oltre 2400 canne) nel 1862. Nello stesso periodo (1863) i Serassi progettano l’ampliamento dell’organo di Strambino rielaborando un piano fonico che tranne un aumento dell’estensione di sette note nei soprani, sostanzialmente non si scosta dalla disposizione disegnata da Giuseppe Serassi nel 1810, ben 53 anni prima!

L’eredità serassiana in terra canavesana, anche grazie all’ottimale stato di conservazione della maggior parte degli strumenti, rimane una importantissima testimonianza di quello che possiamo considerare forse il periodo migliore della loro produzione. Il restauro negli anni ’90 dell’organo di Santhià, il ricollocamento dello strumento di Strambino/S.Marta, il recente pieno recupero dell’organo di Viverone, il restauro di quel che resta dell’organo di Cavaglià, i lavori in corso sugli organi di Azeglio, Cigliano e Caluso e soprattutto il progetto di recupero del sontuoso organo di Feletto restituiranno al Canavese un tassello fondamentale nel grande quadro dell’Arte Organariaitaliana della prima metà del XIX secolo.

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